Il Vangelo in tasca

Scritto da Super User

Il Vangelo in tasca

Mercoledi 17 marzo 2021

San Vincenzo Ferreri è stato un predicatore straordinario. Niente di strano che lo chiamassero da tante città perché offrisse i suoi preziosi sermoni. In una occasione un nobile lo invitò a predicare. Vincenzo si preparò con tutte le sue risorse di arte oratoria, con la miglior teologia e cercando citazioni di persone e santi famosi.

Il giorno del sermone, Vincenzo Ferrer predicò in modo così brillante, spirituale, profondo e piacevole che gli chiesero il favore di predicare anche il giorno dopo. Vincenzo accettò.

Ma quella notte Vincenzo la passò riflettendo su quello che aveva fatto e si rese conto che nella preparazione della predica e nella predica stessa, aveva cercato la propria vanagloria.

Si inginocchiò e trascorse tutta la notte in preghiera, chiedendo perdono a Dio per il suo peccato.

Il giorno dopo, Vincenzo predicò. Fu meraviglioso. Alla fine, il nobile gli disse: “Vincenzo, ieri sei stato bravissimo, ma oggi sei stato insuperabile, fantastico, molto meglio di ieri”

Vincenzo rispose: “Il fatto è che ieri predicò Vincenzo, oggi predicò Gesù”.

Il Vangelo in tasca non è per cercare una moda nuova o per farci vedere speciali, ma perché Gesù sia in noi.

Paolo gridava:” Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me”. Gal 2,20

Paolo annunciava il Vangelo “affinché Cristo sia formato in voi” Gal 4,19

Il Vangelo in tasca è per crescere e vivere l’amicizia con Gesù. San Girolamo diceva che “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.

Sebastiana è una delegata della Parola della comunità di Bocachica in Colombia dove ho lavorato. Insieme a Eustasia e Anita accompagnavano la comunità nel cammino di fede, riunivano una volta alla settimana la comunità per la celebrazione della Parola, seguivano la catechesi, preparavano i genitori che chiedevano di battezzare i figli, facevano i funerali quando non riuscivo ad arrivare in tempo…Sebastiana una donna umile e gioiosa, ma volevo che fosse più protagonista nella celebrazione della eucaristia, per esempio, leggendo una delle letture. Mi diceva che non se la sentiva di leggere in pubblico. Riuscì a convincerla, le dì la lettura perché la preparasse. Quando si celebrò la eucaristia, Sebastiana con calma ma con una buona dizione riuscì a leggere bene la lettura. Alla fine della celebrazione gli feci i complimenti e gli dissi: “Ti sei preparata bene per leggere la Parola di Dio!”. Sebastiana con molto semplicità mi rispose: “Sì, ho cercato di prepararmi per leggere la Parola di Dio, ho cercato di fare digiuno e pregare, perché non è facile proclamare la Parola di Dio”.

È come se avessi ricevuto uno schiaffo, io parlavo di preparazione, di tecnica di lettura, di espressività e lei mi diceva sull’importanza di prestare la propria voce al Signore…

La familiarità con la Parola comporta sempre una intimità con Dio, scoprendoci amati, chiamati e inviati.

Se volessimo riscoprire questo primato della Parola che Papa Francesco ricorda in modo speciale ai sacerdoti e a tutto il Popolo di Dio, dovremmo partire dal Vaticano II. A mio parere 4 sono le grandi rivoluzioni nel Vaticano II:

La prima è proprio la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa e l’invito a conoscerla, a pregarla e a viverla. La Costituzione Dei Verbum è la pietra miliare, e ci farebbe bene meditarla di nuovo. Nel 2008, dal 5 al 26 ottobre si svolge la Assemblea Generale Ordinaria (sinodo) sulla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, a cui seguirà l’Esortazione Apostolica postsinodale, “Verbum Domini”. La seconda la riscoperta della Chiesa come popolo di Dio chiamato alla santità. La terza è ricordare ad ogni battezzato la sua vocazione missionaria, La quarta la affermazione che le gioie, le sofferenze, le speranze, le afflizioni del mondo lo sono anche della Chiesa. Una Chiesa che condivide la vita di ogni uomo e di tutto il mondo.

Ascoltiamo un discorso del Papa Francesco:

Servitori della Parola (Discorso del 5 ottobre 2017)

Siamo servitori della Parola di salvezza che non torna al Signore a vuoto. Lasciarsi quindi “ferire” dalla Parola è indispensabile per esprimere con la bocca ciò che dal cuore sovrabbonda. La Parola di Dio, infatti, «penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

Siamo servitori della Parola di vita eterna, e crediamo che non solo di pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (cfr. Mt 4,4). Quindi, con l’aiuto dello Spirito Santo, dobbiamo nutrirci alla mensa della Parola tramite la lettura, l’ascolto, lo studio e la testimonianza di vita. Noi dedichiamo tempo a coloro che amiamo, e qui si tratta di amare Dio, che ci ha voluto parlare e ci offre parole di vita eterna.

Siamo servitori della Parola di riconciliazione, anche tra cristiani, e desideriamo con tutto il cuore che «la parola del Signore corra e sia glorificata» (2Ts 3,1). È giusto quindi aspettarci un nuovo impulso

alla vita spirituale dall’accresciuta venerazione per la Parola di Dio.

Siamo servitori della Parola che è “uscita” da Dio e «si è fatta carne» (Gv 1,14). È vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura (Evangelii gaudium, 23). E lo facciamo in obbedienza al mandato missionario del Signore e con la certezza della sua presenza in mezzo a noi fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20).

Siamo servitori della Parola di verità (cfr. Gv 8,32). Siamo convinti che «l’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è Verità. Nel Corpo di Cristo, il quale è “via, verità e vita” (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità?» (Ut unum sint,18).

Siamo servitori della Parola di Dio potente che illumina, protegge e difende, guarisce e libera. «La parola di Dio non è incatenata!» (2Tm 2,9). Per essa molti dei nostri fratelli e sorelle sono in prigione e molti di più hanno versato il loro sangue come testimonianza della loro fede in Gesù Signore. Camminiamo insieme affinché la parola si diffonda (cfr. At 6,7).

Preghiamo insieme perché «sia fatta la volontà del Padre» Mt 6,10.

Lavoriamo insieme affinché si compia in noi “ciò che il Signore ha detto” (cfr. Lc 1,38).

Nella Enciclica Evangelii Gaudium non appare l’espressione “Vangelo in tasca”, ma in molte occasioni, soprattutto durante l’Angelus domenicale, il Papa non solo ha invitato a portare con sé un vangelo, in tasca ma ha anche donato ai presenti il Vangelo.

Nell’enciclica affronta il tema della predicazione, chissà perché sia un tema estremamente delicato e soprattutto perché molte volte la Santa Messa è l’unico luogo, per il cristiano, dove si proclama e si ascolta la Parola di Dio, quindi una parte della enciclica è rivolta soprattutto ai preti.

 

Consideriamo ora la predicazione all’interno della liturgia, che richiede una seria valutazione da parte dei Pastori. Mi soffermerò particolarmente, e persino con una certa meticolosità, sull’omelia e la sua preparazione, perché molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie. L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo. Di fatto, sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così. L’omelia può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita. EG 135.

Occorre ora ricordare che «la proclamazione liturgica della Parola di Dio, soprattutto nel contesto dell’assemblea eucaristica, non è tanto un momento di meditazione e di catechesi, ma è il dialogo di Dio col suo popolo, dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell’Alleanza». EG 137.

 

Il dialogo tra Dio e il suo popolo rafforza ulteriormente l’alleanza tra di loro e rinsalda il vincolo della carità. Durante il tempo dell’omelia, i cuori dei credenti fanno silenzio e lasciano che parli Lui. Il Signore e il suo popolo si parlano in mille modi direttamente, senza intermediari. Tuttavia, nell’omelia, vogliono che qualcuno faccia da strumento ed esprima i sentimenti, in modo tale che in seguito ciascuno possa scegliere come continuare la conversazione. La parola è essenzialmente mediatrice e richiede non solo i due dialoganti ma anche un predicatore che la rappresenti come tale, convinto che «noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù » (2 Cor 4,5). EG 143

 

Il predicatore «per primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio: non gli basta conoscere l’aspetto linguistico o esegetico, che pure è necessario; gli occorre accostare la Parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova». Ci fa bene rinnovare ogni giorno, ogni domenica, il nostro fervore nel preparare l’omelia, e verificare se dentro di noi cresce l’amore per la Parola che predichiamo. EG 149.

 

Chiunque voglia predicare, prima dev’essere disposto a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta. In questo modo, la predicazione consisterà in quell’attività tanto intensa e feconda che è «comunicare agli altri ciò che uno ha contemplato». EG 150

 

Non ci viene chiesto di essere immacolati, ma piuttosto che siamo sempre in crescita, che viviamo il desiderio profondo di progredire nella via del Vangelo, e non ci lasciamo cadere le braccia. La cosa indispensabile è che il predicatore abbia la certezza che Dio lo ama, che Gesù Cristo lo ha salvato, che il suo amore ha sempre l’ultima parola. Davanti a tanta bellezza, tante volte sentirà che la sua vita non le dà gloria pienamente e desidererà sinceramente rispondere meglio ad un amore così grande. Ma se non si sofferma ad ascoltare la Parola con sincera apertura, se non lascia che tocchi la sua vita, che lo metta in discussione, che lo esorti, che lo smuova, se non dedica un tempo per pregare con la Parola, allora sì sarà un falso profeta, un truffatore o un vuoto ciarlatano. In ogni caso, a partire dal riconoscimento della sua povertà e con il desiderio di impegnarsi maggiormente, potrà sempre donare Gesù Cristo, dicendo come Pietro: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do» (At 3,6). Il Signore vuole utilizzarci come esseri vivi, liberi e creativi, che si lasciano penetrare dalla sua Parola prima di trasmetterla; il suo messaggio deve passare realmente attraverso il predicatore, ma non solo attraverso la ragione, ma prendendo possesso di tutto il suo essere. Lo Spirito Santo, che ha ispirato la Parola, è Colui che «oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le parole che da solo non saprebbe trovare». EG 151

Non credo che colui che si lascia toccare dalla Parola, che si lascia commuovere, che si lascia illuminare e guidare, riesca poi sempre a esprimere ciò che ha pregato. Non sempre si riesce a scaldare i cuori come fa Gesù con i discepoli di Emmaus, ma sono certo che la fede del popolo sa capire e comprendere quando il pastore vive come discepolo seguendo il nostro unico Pastore.

Il Papa da alcune indicazioni pratiche con rispetto all’ascolto della Parola di Dio e parla della “Lectio divina”

La lettura spirituale

Esiste una modalità concreta per ascoltare quello che il Signore vuole dirci nella sua Parola e per lasciarci trasformare dal suo Spirito. È ciò che chiamiamo lectio divina”. Consiste nella lettura della Parola di Dio all’interno di un momento di preghiera per permetterle di illuminarci e rinnovarci. EG 152.

 

Alla presenza di Dio, in una lettura calma del testo, è bene domandare, per esempio: «Signore, che cosa dice a me questo testo? Che cosa vuoi cambiare della mia vita con questo messaggio? Che cosa mi dà fastidio in questo testo? Perché questo non mi interessa?», oppure: «Che cosa mi piace, che cosa mi stimola in questa Parola? Che cosa mi attrae? Perché mi attrae?». Quando si cerca di ascoltare il Signore è normale avere tentazioni. Una di esse è semplicemente sentirsi infastidito o oppresso, e chiudersi; altra tentazione molto comune è iniziare a pensare quello che il testo dice agli altri, per evitare di applicarlo alla propria vita. Accade anche che uno inizia a cercare scuse che gli permettano di annacquare il messaggio specifico di un testo. Altre volte riteniamo che Dio esiga da noi una decisione troppo grande, che non siamo ancora in condizione di prendere. Questo porta molte persone a perdere la gioia dell’incontro con la Parola, ma questo vorrebbe dire dimenticare che nessuno è più paziente di Dio Padre, che nessuno comprende e sa aspettare come Lui. Egli invita sempre a fare un passo in più, ma non esige una risposta completa se ancora non abbiamo percorso il cammino che la rende possibile. Semplicemente desidera che guardiamo con sincerità alla nostra esistenza e la presentiamo senza finzioni ai suoi occhi, che siamo disposti a continuare a crescere, e che domandiamo a Lui ciò che ancora non riusciamo ad ottenere. EG 153.

In ascolto del popolo

Il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire. Un predicatore è un contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo. In questo modo, egli scopre «le aspirazioni, le ricchezze e i limiti, i modi di pregare, di amare, di considerare la vita e il mondo, che contrassegnano un determinato ambito umano», prestando attenzione al «popolo concreto al quale si rivolge, se non utilizza la sua lingua, i suoi segni e simboli, se non risponde ai problemi da esso posti». EG 154.

 

Diceva già Paolo VI che i fedeli «si attendono molto da questa predicazione, e ne ricavano frutto purché essa sia semplice, chiara, diretta, adatta». La semplicità ha a che vedere con il linguaggio utilizzato. EG 158.

 

Oltre alla liturgia, un altro ambiente per la proclamazione e l’ascolto della Parola è la catechesi, i momenti formativi, l’annuncio del Kerigma…, ma soprattutto la responsabilità, il ministero dell’accompagnamento, dell’ascolto.

 

Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma

Il mandato missionario del Signore comprende l’appello alla crescita della fede quando indica: «insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,20). Così appare chiaro che il primo annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione. L’evangelizzazione cerca anche la crescita, il che implica prendere molto sul serio ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa. Ciascun essere umano ha sempre di più bisogno di Cristo, e l’evangelizzazione non dovrebbe consentire che qualcuno si accontenti di poco, ma che possa dire pienamente: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). EG 160.

La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). EG 169

 

Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale. L’ascolto ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori. Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e l’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita. EG 171.

 

In una riunione, si chiese a un oratore che declamasse il salmo 23, il salmo del buon pastore. Costui disse: “sono disposto ad una condizione, che dopo di me lo faccia anche il nostro parroco”. Il parroco un poco sorpreso accettò. L’oratore lesse con tanta bellezza il salmo cambiando tono, facendo enfasi in certe parole che alla fine tutti applaudirono con giubilo. Anche il sacerdote si apprestò a leggere il salmo, e seppe leggerlo con la bocca e con il cuore. Alla fine, un silenzio denso di meraviglia invase l’assemblea. Dopo alcuni secondi, che sembravano un’eternità, di nuovo prese la parola l’oratore e disse: “avete visto? Io ho declamato il salmo con la mia arte oratoria, so rispettare le parole, sono padrone delle pause, la respirazione, l’intonazione, conosco le parole, ma il nostro parroco è stato straordinario perché anche se non ha studiato oratoria, lui, è stato così speciale e ci ha emozionato perché conosce il Pastore…

“Lampada per i miei passi è la tua Parola” Sal 118, XIV

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