Tanti auguri AGESCI!

Tanti auguri AGESCI!

 

Carissime capo e carissimi capi, 

 

con grande gioia ed emozione ci prepariamo a festeggiare il 50° compleanno della nostra storia associativa, un appuntamento importante per tutte le guide e gli scout che, con l’aiuto di Dio, ogni giorno tengono fede alla parola data con la loro Promessa. A tutte e a tutti esprimiamo profonda gratitudine unendoci al coro che immaginiamo provenire da ogni Gruppo scout AGESCI: Eccoci! Sempre pronti a servire nel modo migliore, insieme, capi e ragazzi, ciascuno per la propria parte! 

Questo tempo di festa sarà per tutti noi l’occasione per ricordare la scelta profetica e coraggiosa della coeducazione che 114 capi dell'ASCI e 86 capo dell’AGI

fecero il 4 maggio 1974 al Consiglio generale congiunto, presso la Domus Mariae a Roma. Lì decisero di unificare le due Associazioni ASCI e AGI e far nascere l’AGESCI! 

La scelta della coeducazione fu fondamentale ed esprime ancora oggi una particolare bellezza che è ancora viva nel ritmo dei nostri passi, che ovunque in Italia affrontano, con grande attualità, la sfida di educare le giovani e i giovani a costruire concretamente un mondo possibile e migliore. 

Il Consiglio generale 2024 aprirà ufficialmente le celebrazioni del 50° dell’AGESCI che si concluderanno al Consiglio generale 2025. 

Sarà un tempo di festa per tutti: lupette e lupetti, coccinelle, guide ed esploratori, scolte e rovers, capo, capi ed assistenti ecclesiastici. Sarà l’occasione per raccontare la passione educativa che tutti mettiamo in gioco nell’accompagnare le ragazze e i ragazzi dei nostri Gruppi e per rinnovare l’impegno ad abitare i territori come comunità civile ed ecclesiale.

 

Vorremmo quindi che il 4 maggio diventasse il grande compleanno comune dell’AGESCI, una data da cerchiare sul calendario e che raccolga i compleanni di ogni singolo Gruppo. 

Da qui l’invito ad arricchire questa ricorrenza coinvolgendo attivamente tutti i Gruppi, in un’ottica di riscoperta delle proprie origini, della propria fondazione e delle strade che sono state percorse in questi anni, come parte importante e dinamica degli spazi dove svolgiamo le nostre attività e lasciamo la nostra indelebile traccia.  

Il 4 maggio ci vedrà tutti riuniti contemporaneamente, ognuno nel proprio territorio, per rinnovare la Promessa scout e riscoprire la gioia di essere Associazione. 

Il nostro invito è quello di incontrarsi e riabbracciarsi tutti, ognuno con la propria storia. 

Avrete la possibilità di organizzare per quel giorno un momento di incontro interno o esterno, riscoprendo le vostre origini, incontrando volti storici, sfogliando foto e riportando alla luce ricordi.  

Buona strada e buon 4 maggio! 

Daniela Ferrara e Fabrizio Marano

La Capo Guida d'Italia e il Capo Scout d’Italia

 

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Ecco alcuni spunti che la Commissione 50° Agesci vuole fornirvi per vivere questo momento e sentirsi uniti e vicini 

 

Potrete organizzare giochi, attività, riflessioni su quelle ricchezze di cui siete testimoni e custodi, insieme ai ragazzi e ai genitori, vivendo un momento di condivisione, celebrando una messa di Gruppo, rinnovando la Promessa, invitando le realtà del vostro territorio a partecipare, quelle con cui svolgete servizi, condividete momenti di crescita, percorsi di fede in parrocchia. Non servono grandi attività, deve essere come una festa in famiglia: l’importante è stare insieme e rendere partecipi tutti con piccoli gesti di condivisione, una foto, un video, un post sui vostri canali social. 

 

Per rendere questo 4 maggio 2024 ancora più emozionante e comunitario vi chiediamo di contribuire con le seguenti attività:  

- rinnovate la vostra Promessa scout. Pensate che emozione rinnovare la Promessa pensando che altri 182.000 guide e scout Agesci stanno facendo la stessa cosa lo stesso giorno!    

-pubblicate foto e video di questa giornata, raccontando i momenti più significativi utilizzando l’hashtag #tantiauguriAgesci e taggando i profili nazionali Facebook @agesci e Instagram @agesci.nazionale 

I video possono raccontare la giornata di festa e anche raccogliere delle mini interviste, piccoli racconti con i volti e le voci del Gruppo per condividere azioni, impegni, servizi, il cammino con tutta la comunità territoriale. 

Non perdete l'occasione di far parte di un momento grandioso.  

Segnate sui vostri calendari la data e prepariamoci per dire tutti insieme #tantiauguriAgesci!

 

Nomine Vicari 2024

Messa Crismale 2024 – Annuncio nomine Vicari

 

Il criterio dell’assumere degli impegni nella vita della Chiesa è quella del servizio, per donarsi. Ogni autorità, ogni ruolo, a partire dal Vescovo è per lavare i piedi, per servire.

Titoli onorifici, vesti, allontanano dal Vangelo, non sono il Vangelo. Proprio dal Vangelo capiamo che non sono importanti i titoli. Il titolo importante è “fratelli”. Il Vangelo parla di “fratelli”.

Il titolo più bello è quello che dà il Signore che chiama “amici”, “amico”.

Nella chiesa si assumono servizi, anche la parola “ministero” dice proprio questo.

Ecco allora alcune scelte per la vita della diocesi che vorrei condividere questa sera, in questo momento particolarmente significativo.

Se il criterio fosse quello di accontentare aspirazioni personali, o attese di una comunità, sono certo che rimarrete delusi. Se il criterio è invece quello del servire, del donarsi, allora questa è la missione che viene offerta per chi è scelto, al di là di quelli che possono essere anche i limiti personali e le particolarità di ciascuno, anche quelli di chi viene scelto, perché si cercherà di servire.

Tutto questo senza individualismi e personalismi, ma in un gioco di squadra, di gruppi, perché questo è il criterio della sinodalità. Cioè non è questione di chi comanda alla tavola del Signore: l’unico Maestro è lui.

Non c’è uno più importante degli altri, tanto meno il Vescovo, anche lui è chiamato insieme agli altri a servire, per servire. Quella del Signore è una tavola alla quale si fa spazio a tutti coloro che vogliono sinceramente servire il Vangelo.

Allora in questa luce vorrei condividere alcune scelte, attenzione: alcune non tutte. Sono solo alcune scelte in un cammino che parte, ne seguiranno altre.

Non riguardano posti da occupare ma servizi da condividere. La logica che ho cercato di utilizzare non è quella di sostituire le persone, ma di creare una comunità di cammino, un gruppo di persone. Ognuna di esse avrà altri collaboratori, dei gruppi di lavoro, squadre in una condivisione da far crescere e costruire.

Con un orizzonte temporale che dirò fra poco, si tratta innanzitutto dei vicari.

I vari ambiti o settori in cui sono suddivisi gli uffici della curia e gli uffici pastorali saranno tre.

Il primo ambito è quello dell’annuncio della fede: generare, educare, accompagnare la fede delle persone nei diversi stadi e stati di vita; che si articolerà in una serie di sotto-sezioni riguardanti l’annuncio e la celebrazione, la formazione, i percorsi personali e comunitari nei diversi stati di vita.

Un secondo ambito è quello della testimonianza della vita cristiana, che comprende le sottosezioni della testimonianza nella vita sociale, della carità, della missione, del dialogo ecumenico e interreligioso.

Il terzo ambito è quello dei Servizi Generali di cui fanno parte gli uffici della Curia, per il servizio giuridico, l’economato, tutela minori, comunicazioni sociali, beni culturali, eccetera.

Il Vicario generale è un compito che ha una sua totalità e nello stesso tempo seguirà più da vicino l’ambito dei Servizi Generali.

Ho chiamato a questo ufficio Don Mauro Bucciero.

Come vicario episcopale che coordinerà il primo settore pastorale ho chiamato Don Andrea Domanski.

Oggi non sono in grado di indicare il vicario episcopale che coordinerà l’ambito della testimonianza nei vari settori sociali, carità, missione.

Designo un terzo vicario episcopale per l’amministrazione economica e per la valorizzazione e l’utilizzo del patrimonio immobiliare nella persona di Don Antonio Tamponi.

L’inizio di questi servizi, queste nomine entreranno in funzione a Pentecoste. Fino ad allora le responsabilità sono quelle attuali e quindi il vicario generale fino ad allora è Don Andrea Raffatellu.

NON MODIFICARE LA FORMA DEL SACRAMENTO

NON MODIFICARE LA FORMA DEL SACRAMENTO

 

3 Febbraio 2024

“Modificare la forma di un Sacramento o la sua materia è sempre un atto gravemente illecito e merita una pena esemplare, proprio perché simili gesti arbitrari sono in grado di produrre un gravoso danno al Popolo fedele di Dio”. Lo ribadisce il Dicastero per la Dottrina della Fede del cardinale Prefetto della Fede, Victor Manuel Fernandez, con la nota “Gestis verbisque” diffusa oggi e approvata all’unanimità da tutti i suoi componenti, e controfirmata da Papa Francesco. Il Dicastero, in tal modo, intende offrire alcuni elementi di carattere dottrinale “in ordine al discernimento sulla validità della celebrazione dei Sacramenti, prestando attenzione anche ad alcuni risvolti disciplinari e pastorali”. Dunque ‘stop’ alla creatività nell’amministrazione dei sacramenti e richiamo ai sacerdoti affinché “custodiscano la forma stabilita pena l’invalidità di un battesimo e di conseguenza anche degli altri sacramenti ricevuti”. Più volte, si legge nella “Gestis verbisque”, il Dicastero “è intervenuto per dirimere ‘dubia’ sulla validità di Sacramenti celebrati, nell’ambito del Rito Romano, nell’inosservanza delle norme liturgiche, dovendo talvolta concludere con una dolorosa risposta negativa, constatando, in quei casi, che i fedeli sono stati derubati di ciò che è loro dovuto, ‘vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce’. La Chiesa – viene rimarcato – è ‘ministra’ dei Sacramenti, non ne è padrona. Celebrandoli ne riceve essa stessa la grazia, li custodisce e ne è a sua volta custodita”. Da qui la necessità di ribadire “la distinzione tra liceità e validità”, così come di ricordare che “una qualsiasi modifica alla formula di un Sacramento è sempre un atto gravemente illecito. Anche quando si consideri che una piccola modifica non altera il significato originario di un Sacramento e, di conseguenza, non lo rende invalido, essa rimane sempre illecita”. “Appare sempre più urgente – spiega la Nota – maturare un’arte del celebrare che, tenendosi a distanza tanto da un rigido rubricismo quanto da una fantasia sregolata, conduca a una disciplina da rispettare, proprio per essere autentici discepoli: ‘Non si tratta di dover seguire un galateo liturgico: si tratta piuttosto di una ‘disciplina’ – nel senso usato da Guardini – che, se osservata con autenticità, ci forma: sono gesti e parole che mettono ordine dentro il nostro mondo interiore facendoci vivere sentimenti, atteggiamenti, comportamenti. Non sono l’enunciazione di un ideale al quale cercare di ispirarci, ma sono un’azione che coinvolge il corpo nella sua totalità, vale a dire nel suo essere unità di anima e di corpo”. La Chiesa così “è chiamata a custodire la ricchezza contenuta nei Sacramenti, perché mai venga offuscato il primato dell’agire salvifico di Dio nella storia, pur nella fragile mediazione di segni e di gesti propri della umana natura. La virtus operante nei Sacramenti plasma il volto della Chiesa, abilitandola a trasmettere il dono di salvezza che Cristo morto e risorto, nel suo Spirito, vuole partecipare a ogni uomo. Nella Chiesa, ai suoi ministri in particolare, è affidato questo grande tesoro, perché quali ‘servi premurosi’ del popolo di Dio lo nutrano con l’abbondanza della Parola e lo santifichino con la grazia dei Sacramenti. Spetta a loro per primi fare in modo che ‘la bellezza del celebrare cristiano’ si mantenga viva e non venga ‘deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia’”.

Messa Crismale

Messa Crismale

27 marzo 2024, mercoledì santo

 

Caro fratello nell’episcopato, cari presbiteri, cari diaconi, cari religiosi e religiose, e voi tutti fedeli che insieme a noi formate il popolo santo di Dio,

 

È la prima volta che mi trovo a celebrare con voi, fratelli e sorelle carissimi, questa Messa del Crisma e lo faccio con commozione e con gioia. Mi vengono dal cuore le parole del Salmo: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato… è come rugiada dell’Hermon» (Sal 133, 1-3). È il momento più bello e significativo della vita della Chiesa diocesana, quello in cui sentiamo nel modo più vivo il legame di comunione che ci unisce tutti e, in modo particolare, fa del presbiterio un unico segno e strumento di Gesù pastore della Chiesa. Sento vicini a noi tutti i preti che non possono essere presenti per un qualche motivo: i malati, gli anziani, quelli assenti per motivi di salute… tutti; e vorrei che tutti ci sentissero vicini a loro, legati dall’affetto che nasce dalla condivisione della medesima fede e dal compimento della medesima missione.

 

Abbiamo ascoltato tre letture: dal libro del profeta Isaia, dal libro dell'Apocalisse di Giovanni e dal Vangelo di Luca. Guardando questi testi, ho avuto l'impressione che fossero come cerchi concentrici attorno a un centro, Gesù stesso. Ruotano attorno al mistero di Gesù. Mistero questo, che ci viene ancora una volta particolarmente suggerito come centro della nostra fede, come espressione della misericordia del Padre che ci ha donato il Figlio. Vorrei fare luce con voi su questo mistero, partendo dal capitolo 61 del libro di Isaia, che rimanda chiaramente a Gesù, perché Gesù lo applicherà a se stesso. In Gesù si realizza questo passo del Terzo-Isaia, come se il profeta avesse avuto un presentimento da lontano.

 

La prima cosa che ci dice il profeta è una prospettiva del tutto universale. Vedremo poi nell'Apocalisse che questa prospettiva universale e mondiale si concretizza sul popolo di Dio, il popolo sacerdotale di Dio, e poi diventa personalissima nel vangelo, nel rapporto personale con Gesù. Gesù è il Signore dell'universo. Così ci viene presentato, come Colui che rende giustizia a tutti i popoli della terra, che instaura la giustizia sulla terra perché è mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a consolare tutti gli afflitti, a risollevare i cuori con l’olio della letizia. Di fronte all'attuale situazione mondiale, questa parola di Isaia diventa ancora più drammatica: Chi è in grado di portare un lieto annunzio? Chi è in grado di fasciare le piaghe dei cuori? Di proclamare la liberazione? Dov'è la luce delle nazioni? Chi porta giustizia sulla terra?

 

Possiamo dire in modo molto semplice e chiaro che Cristo è colui che porta nel mondo la giustizia e la pace? Sì, lo possiamo confessare. Possiamo sostenere questo e possiamo anche raccontarlo ad altri. È Lui che crea davvero la giustizia tra le persone, tra i popoli. Egli infatti non è soltanto il Messia, il Redentore, che ci ha indicato la via di Dio, ma in Lui sono stati creati il ​​cielo e la terra. Dio, che ha creato e disteso i cieli, che ha fatto la terra e che dà respiro e vita a tutto ciò che vive sulla terra e a noi uomini lo spirito. Quindi la prima prospettiva è quella del Creatore. Il Creatore che ha creato questo mondo e al quale dobbiamo la vita, che ci ha anche dato come ordinare le cose. Dove questo ordine viene trascurato, nascono guerre, ingiustizie, persecuzioni e sofferenze terribili. Allora la prima cosa che ci viene detta di Cristo oggi è: Lui vuole davvero portarci la pace, vuole riunire noi, e i popoli. Quando mi guardo intorno qui nel nostro presbiterio, vedo quanti popoli sono rappresentati già nel nostro piccolo. E Cristo è il nostro centro, Cristo ci unisce nell'unica fede per formare l'unica comunità. Siamo convinti e confidiamo che solo in Cristo i popoli possono trovare veramente comprensione e pace tra loro.

 

Ma ecco la seconda prospettiva che incontriamo nella lettura dell'Apocalisse. Per permettere che questa pace e questa giustizia crescano in questo mondo, Dio ha scelto un popolo, ha formato per sé un popolo. Si dice allora che questo popolo sia composto di “re e sacerdoti davanti a Dio”. Questo, lo sappiamo, non significa solo i preti, ma indica l'intero popolo sacerdotale di Dio. Ciò significa che anche i cristiani hanno una chiamata molto speciale in questo mondo. E voi, futuri cresimati, dovete essere pronti a intraprendere questo cammino di vita da cristiani in questo mondo, che non è scontato. Divenire un popolo di re e di sacerdoti!

 

Che cosa significa? Ciò non significa che abbiamo il successo garantito ovunque, non significa che abbiamo il controllo ovunque. Anzi! Nessuna religione è attualmente perseguitata tanto quanto i cristiani in tutto il mondo. Ma Cristo stesso non ha fondato il suo regno con le armi e la potenza militare, ma a partire dalla croce. La croce è il simbolo di questo Re. Sarete segnati con questa croce quando io vi amministrerò il sacramento della Cresima. Allora sarete segnati con la croce sulla fronte per dire: sono pronto ad annunciare Cristo e a confessare la mia fede.

Ma solo nella terza dimensione, nel cerchio più interno, tutto ha senso. Perché quando diciamo: Cristo è il Signore del mondo, Cristo è il capo della Chiesa, allora si tratta soprattutto del nostro rapporto molto personale con Cristo. Oggi il vangelo è questo: “Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto messaggio”, annuncia Gesù nella sinagoga di Nazaret leggendo il rotolo del profeta Isaia. Chi sono i poveri se non i medicanti di vita? quelli che hanno un desiderio prepotente di vita, ma non hanno i mezzi per soddisfare questo loro desiderio? E non è forse proprio questa la condizione di ogni uomo sulla terra? Siamo desiderosi di vivere, certo; ma possediamo solo un’esistenza effimera: basta un virus, una distrazione, un incidente per troncare ogni speranza mondana. Siamo desiderosi di amare; ma anche scettici, insicuri, ripiegati su di noi e incapaci di rischiare il primo gesto dell’amore donato.

Noi diciamo al mondo l’amore di Dio, annunciamo la speranza della resurrezione, edifichiamo comunità dove l’amore diventi la regola fondamentale del rapporto con gli altri. E non facciamo questo con un’operazione ideologica, presentando una filosofia astratta. Lo facciamo narrando un fatto concreto, un’esistenza concreta che si colloca in un tempo e in uno spazio preciso della storia umana. È Gesù il fondamento sul quale è costruito tutto l’edificio dell’esistenza cristiana: la sua vita, le sue parole, la sua morte e la sua resurrezione. Rimane vera l’affermazione di Paolo: “Se Cristo non è risorto, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede”. Perché se Cristo non è risorto, il vangelo che annunciamo rimane una semplice idea; nobile e bella, certo; ma solo un’idea. Se invece Cristo è davvero risorto, se Dio ha manifestato in lui l’efficacia della sua forza, se la morte non ha più nessun potere sopra di lui, allora la morte non può più fare troppa paura: sarà ancora capace di turbare la nostra fragile psiche, ma non riuscirà a condizionare la nostra libertà redenta, non riuscirà a costringerci dentro il cerchio mortale dell’egoismo.

La vita del prete nasce in questa libertà che ci è donata dalla resurrezione di Gesù. Amiamo Gesù perché vediamo in lui l’uomo che siamo chiamati a diventare; amiamo l’uomo perché riconosciamo in lui il volto di Gesù. Stiamo vicino ai malati, visitiamo le case dove si piangono i morti, spendiamo tempo ed energie per educare gli adolescenti, pur sapendo che gran parte di loro si dimenticherà di noi e del vangelo, tiriamo avanti con un salario minimo mentre la gente ci pensa ricchi e potenti. Chi ce lo fa fare? Gesù Cristo e il vangelo; l’amore per l’uomo in tutte le manifestazioni della sua vita, nella sua nobiltà e nel suo peccato. Nessuno è più convinto di noi che nell’uomo ci sono più cose da ammirare che da disprezzare e perché questo uomo possa vivere spendiamo noi stessi. Ci basta ricordare quello che è scritto nel cap. 25° di Matteo: “Quello che avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”. Ci basta questo per vedere nel volto di ogni uomo i lineamenti di Gesù. Possiamo essere più facilmente ingannati e truffati, proprio perché non riusciamo a essere diffidenti del tutto nemmeno di fronte a un estraneo. Eppure «insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi» (1Cor 4, 12-13). Mi piace riprendere questa straordinaria descrizione dell’apostolo che ci è consegnata da san Paolo; non perché io possa presumere di essere così. Debbo, al contrario, riconoscere di ricevere dalla gente molto più onore e rispetto di quanto so di meritarmi. E tuttavia le parole di Paolo mi consolano; mi aiutano a capire che tutte le debolezze, le fragilità, le incomprensioni che posso sperimentare nella mia vita non rendono vano il mio ministero; al contrario, rendono ancora più evidente la sua origine da Cristo. «Abbiamo infatti un tesoro prezioso in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4, 7).

Grazie anche a voi fratelli diaconi, chiamati a presentare a tutta la Chiesa il volto di Cristo servo, voi permettete al vescovo di manifestare l’attenzione agli ultimi, nelle diverse situazioni sociali presenti nella nostra Chiesa locale.

Dom Roberto Fornaciari

Vescovo di Tempio-Ampurias

Siano rese grazie a Dio per tutti i doni e tutta la gioia che scaturirà dalla vita ecclesiale che possiamo vedere sintetizzata nei sacramenti che l’accompagnano nelle sue varie fasi e che possono essere rappresentati dagli olii che fra poco andremo a benedire.